martedì 27 marzo 2012

Mare Negato (1/2)

Mare Negato 





Mare Negato é un progetto fotografico che nasce nel 2002 come azione personale contro l'esistenza - paradosso e segno della diffusa e persistente inciviltà di questa terra siciliana - di un cancello lungo chilometri che chiude il libero accesso e la vista verso il mare, sulla spiaggia di Mondello, a Palermo, da almeno 50 anni

Lungo questa spiaggia sono state realizzate queste immagini che provano a raccontare due diverse possibilità di osservare e vivere un luogo: le sue possibilità e le sue obiettività in relazione alla vivibilità che gli è propria. 

I siciliani hanno tradizionalmente un cattivo rapporto con il mare, come peraltro spesso é proprio degli isolani. Leonardo Sciascia, probabilmente il maggiore interprete della sicilianità contemporanea, ha scritto e parlato su questo argomento: sulla potenziale e continua negazione di quel luogo che è la costa dell'Isola e del suo mare.

Le ragioni sono molte e portano lontano nella storia sociale, economica e politica dello stesso Mediterraneo. Io ho voluto prendere in prestito alcune significative frasi del grande scrittore siciliano per accompagnare la visione delle fotografie con la lettura di un breve e qualificato testo che potesse suggerire future e più personali riflessioni all'osservatore interessato.

...1039 chilometri di coste, 440 sul Mare Tirreno, 312 sul Mare d’Africa, 287 sullo Jonio: questa grande isola del Mediterraneo, nel suo modo di essere, nella sua vita, sembra tutta rivolta all’interno, aggrappata agli altipiani e alle montagne, intenta a sottrarsi al mare e ad escluderlo dietro un sipario di alture o di mura, per darsi l’illusione quanto più è possibile completa che il mare non esista...., che la Sicilia non è un’isola. 
Che è come nascondere la testa nella sabbia: a non vedere il mare, e che così il mare non ci veda.  Ma il mare ci vede.

Il mare è la perpetua insicurezza della Sicilia, l’infido destino; e perciò anche quando è intrinsecamente parte della sua realtà, vita e ricchezza quotidiana, il popolo raramente lo canta o lo assume in un proverbio, in un simbolo; e le rare volte con un fondo di spavento più che di stupore. 

Lu mari è amaru 
(il mare è amaro)

Cui po' jiri pri terra, 'nun vaja pri mari 
(chi può andare per terra non vada per mare)

Mari, focu e fimmini, Diu 'nni scanza 
(mare, fuoco e donne, Dio ci salvi)

E come lo zolfataro altro non era che il contadino strappato alla campagna, in effetti il marinaio altro non è che il contadino costretto al mare dalla necessità: il contadino che più non ritrova alle sue spalle la terra da coltivare e ha davanti il mare. 
E non è un caso che la più grande opera letteraria cha il mare abbia mai ispirato a un siciliano, diciamo, I Malavoglia, sia stata scritta da un siciliano del feudo e che in essa si muova una gentuccia che ha della vita il senso tragico e rassegnato, scandito in una vicenda immutabile, che è proprio del mondo contadino, ed è assolutamente sporovvista di quel tanto di noncuranza e di ardimento, di avventuroso e di imprevedibile, che è peculiare alla gente di mare e alla rappresentazione che di essa hanno dato altri scrittori.

Il mondo dell’Odissea è lontano: lo stupore delle albe marine, il senso della libertà e dell’avventura. Il mare è amaro. Dalle coste dell’isola, dai porti, nessun siciliano è mai partito per una conquista, per un’avventura. 

....la diffidenza del siciliano di fronte al mare e l’insicurezza delle coste non pare siano sostanzialmente mutate se non in peggio......sotto le apparenze di una vita più intensa ed attiva, il litorale siciliano riflette la degradazione della Sicilia interna. 
Le apparenze sono date da quell’assalto alle località marine, da quella corsa alla casa al mare, a cui ceto borghese e medio-borghese dell’isola (espressioni del tutto approssimative ad indicare le amorfe stratificazioni politico-imprenditoriali e burocratiche, entrambe ugualmente parassitarie, che si sono come “sedimentate” in questi ultimi anni) si sono votati.
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Tutto sta, in definitiva, nel togliere al concetto di demanio le incrostazioni della feudalità e del privilegio e nel tornare ad intenderlo nel senso di bene pubblico: ma non è operazione così semplice, in un paese come il nostro e specialmente in una regione in cui feudalità e privilegio sono sostanza di ogni apparente mutamento.
Leonardo Sciascia

Con queste immagini l’Associazione Sportiva Albaria, che ha la sede proprio sulla spiaggia di Mondello e che opera a favore della valorizzazione del luogo e delle attività sportive legate al mare, ha montato una riuscita campagna di denuncia contro l'esistenza e la tacita accettazione pubblica ed istituzionale di cancellate che andrebbero rimosse alla fine della stagione balneare e invece sono rimaste per decenni, anche nei mesi invernali - SEMPRE - a creare un muro e con esso, una distanza tra il mare e i cittadini. 

Ferro, punte acuminate, ruggine, pochi accessi al mare, "proteggono" da non si sa chi o cosa, e privatizzano una striscia di sabbia che si va assottigliando anno dopo anno e che offre in estate la vista di una “baraccopoli” di cabine estive che si amplia sempre più, triste e proletaria evocazione della villa al mare dei "signori". 

Cemento e impianti fatiscenti, scarsi servizi, nessun progetto e nessuna strategia tesa ad un miglioramento e ad una riqualificazione del luogo, nessuna immagine proponibile se non quella di un luogo deputato al "pediluvio" estivo. 

Ma se tutto questo certamente esiste e sussiste ancora, é soprattutto per la acritica accettazione delle cose che è usuale e radicata nella popolazione locale, per la quale, alla fine della storia, probabilmente il "pediluvio" estivo è effettivamente una condizione a cui aspirare nella scansione di una vita senza storia. 

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